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Non mentite ai bambini

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C’è una bambina appena nata, all’ingresso: piccola come una nuvola rosa, vapore dei primi respiri nella copertina, affogata nella carrozzina e nel sonno.

Mi fermo: “Di chi è?”
Teresa non sa, cerca il riso già cresciuto di Isabelle, il passeggino parcheggiato accanto. Sarah è già corsa via, veloce, verso gli armadietti: le è bastato quel baffo di pizzette che le ho preso come un vizio clandestino, a riscattare il broncio severo del risveglio.
Davanti alla sua classe gialla, levata la giacca e lavati i baffi rossi, scivola via senza l’onore dei baci: sono così, loro, radici che affondano nella terra madre, oppure acqua che scorre veloce, si getta nel mare dei compagni…
E sulla porta arriva Greta. La maestra la prende, la ruba alla madre, l’affonda nelle sue braccia esperte che rincorrono un desiderio che non si è mai spento. Nemmeno il mio si spegne. A certe donne i neonati fanno quest’effetto.
“Quanto ha?” obbedisco con garbo all’attrazione fatale.
“Una settimana.”
Si vede, che è appena venuta a galla dal suo universo liquido: è rossa come era Isabelle, la pelle vivida, il berrettino di ciniglia, un corpicino che fa sembrare enormi tutte le cose del mondo. Enorme suo fratello: “Ciao, e tu come ti chiami?”
Alessandro è avvinghiato alla madre, onde di capelli neri, mossi e lucenti. Due finestre aperte sul cielo, al posto degli occhi. Si fa presto, ad assieparsi intorno a una nuova vita, dimenticare il resto, dimenticare gli altri. Allora si scosta, risponde con nome e cognome. Sorrido grata e il discorso torna sulla piccola.

“Adesso va al nido” commenta la mamma, “e io vado a lavorare.”

Alessandro non fa una grinza. Io invece ho il cuore che si accartoccia in uno spasmo.
“Al nido, di già?”
P1080199_wprForse non hanno scelta, forse hanno un bisogno disperato di soldi, e che ne so io, chi sono per dire, fare, pensare. Mi tengo dentro il mio sussulto come un segreto.
La donna insiste: “E sì, certo. Alessandro a scuola, Greta al nido, vero?”
Vero? Sgomita la maestra scuotendomi il braccio.
“Vero” mi accodo: “Ognuno al suo posto.”
Ognuno al suo posto, nel mondo, nel giorno. Stupida me, che ho sempre obbedito a una schiettezza imparata già da mia madre, nei suoi modi bruschi, a volte, secchi, forse. Eppure la considero un valore.
Stupida me, piccola come Alessandro, che ci ho creduto, come ci crede lui. Che c’era bisogno di dire una bugia, anche se le bugie hanno le gambe corte. Le hanno anche i bambini, in fin dei conti: si accoppiano bene.
Non sono sollevata dalla scoperta. Ho un secondo sussulto, un’altra scossa, il piccolo terremoto di quella che vivo come un’ingiustizia.
Non abbracciare tuo figlio mentre gli menti. Abbraccialo e basta. Dagli un bacio in più. Una balla in meno. Un momento suo, come ai vecchi tempi. Che vecchi non sono, com’è stato sempre, com’era fino a sette giorni fa.
Non fingere di proteggerlo. Non arrampicarti dove non può seguirti. Rispettalo, rispetta il suo cuore, i suoi tre anni. Portalo con te. Provaci.

Non abbracciare tuo figlio mentre gli menti. Abbraccialo e basta.

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